OSTEOPATIA E VERTIGINI

Le vertigini sono una condizione disfunzionale che mette a dura prova lo stato psico fisico del paziente in quanto è una condizione in cui ci si sente spesso impotenti e non più padroni del proprio corpo.

Le vertigini alterano la percezione della realtà e sono purtroppo spesso recidivanti, motivo per cui la persona tende a sviluppare a volte anche una fobia rispetto all’ evento vertiginoso stesso, evitando movimenti, gesti e con essi anche quindi opportunità di vita, andando incontro certamente ad una comprensibile sedentarietà.

Esistono tanti tipi di vertigine, ma che si possono raggruppare in queste 3 categorie:

  • VERTIGINE PAROSSISTICA POSIZIONALE
  • VERTIGINE LABIRINTICA
  • VERTIGINE CERVICOGENICA

Un discorso a parte va fatto invece per la sindrome di Menière.

Su quale tipo di vertigine può intervenire l’osteopata?

Il trattamento osteopatico può agire sulla Vertigine Cervicogenica ma può essere anche di valido aiuto nell’ escludere in prima visita la presenza o la comorbilità di altri sintomi.

Spesso infatti i sintomi vertiginosi si sommano tra loro e si fatica a capire quale sia la causa primaria: occhi, canali delle orecchie, cervicale…Attraverso una batteria di test specifici sarà compito dell’ osteopata capire cosa fare e anche cosa NON fare, dato che la sintomatologia vertiginosa è alquanto delicata.

L’intervento dell’osteopatia sulla Vertigine Parossistica Posizionale: I Famosi Sassolini

Gli otoliti sono dei piccolissimi agglomerati di ossalato e carbonato di calcio, inglobati in una matrice gelatinosa localizzata nell’orecchio interno.

Queste formazioni contribuiscono a mantenere l’equilibrio e, in funzione dello spostamento della testa, trasmettono agli organi ottolitici del sistema vestibolare (cioè utricolo e sacculo), il senso di accelerazione. Essendo più pesanti della matrice che li contiene, infatti, gli otoliti stimolano le cellule ciliate sensoriali dell’orecchio quando si cambia posizione o viene iniziato un movimento. A loro volta, queste ultime inviano dei segnali al cervello, informandolo delle variazioni del corpo nello spazio.

Quando l’orecchio interno viene interessato da traumi, infezioni o altre condizioni, gli otoliti si possono distaccare, spostandosi nei canali semicircolari. Questi ultimi vengono stimolati in maniera erronea e diventano sensibili a posizioni della testa a cui normalmente non presterebbero attenzione (nota: i canali semicircolari sono deputati a percepire la rotazione del capo). La conseguenza di tale fenomeno è la vertigine posizionale parossistica benigna (o vertigine da distacco di otoliti).

Quando gli otoliti sono liberi di muoversi nei canali semicircolari dell’orecchio, il paziente sperimenta la sensazione che la stanza e tutti gli oggetti girino vorticosamente, in senso orario oppure in senso antiorario. La migrazione degli otoliti è responsabile, infatti, di una fortissima ed improvvisa crisi vertiginosa, che si intensifica nell’atto di coricarsi o nell’alzarsi dal letto. A seconda della parte colpita (labirinto destro oppure sinistro), la vertigine si manifesta anche girando la testa sul cuscino dal lato dell’orecchio interessato.

Ciò si verifica per il fatto che gli otoliti distaccati non provocano alcun disturbo fin quando rimangono fermi nella posizione che hanno assunto; nel muoversi, dopo uno spostamento del capo, questi inviano, però, degli impulsi più violenti alle cellule sensoriali, che, a loro volta, trasmettono l’informazione erronea al cervello.

A diagnosi e cura della V.P.P. vi sono alcune manovre, di competenza del medico Otorinolaringoiatra specializzato in Vestibologia, volte al riposizionamento di questi otoliti nella giusta sede.

Il compito dell’ osteopata è quello di riconoscere in primis la situazione, inviare al medico specialista e in un secondo momento occuparsi di quelle che sono le conseguenze a livello muscolo scheletrico del tratto cervicale e cranico.

L’intervento osteopatico sulla Vertigine Cervicogenica

La vertigine cervicogenica è così definita in quanto riconducibile a patologie o disturbi del tratto cervicale, in genere di tipo artrosico-degenerativo. I segnali propriocettivi provenienti dai muscoli del collo e dalle articolazioni poste nel tratto cervicale svolgono un importantissimo ruolo nel mantenere la stabilità e l’equilibrio e l’orientamento della persona sia in condizione di riposo che durante il movimento e le varie attività.

L’integrazione dei segnali di questi sistemi afferenti è essenziale per mantenere un orientamento ed equilibrio normali, e qualsiasi disfunzione di questi organi sensoriali o asimmetria negli input afferenti può comportare la comparsa di alterazioni dell’equilibrio, senso di instabilità o di vertigini.

In particolare i corpuscoli di Ruffini sono meccanocettori in grado di registrare gli stiramenti che normalmente si verificano durante i movimenti delle articolazioni e dei legamenti e che quindi svolgono un ruolo preminente nella propriocezione. 

E’ da ricordare che non sempre quelli che compaiono come sintomi vertiginosi sono in realtà vertigini. Si definiscono vertigini infatti quelle situazioni in cui la persona non si sente più padrona del suo corpo e in cui viene a mancare stabilità ed equilibrio. Diverso è invece il senso di “capogiro”, traducibile dall’ inglese DIZZINESS, che si presenta semplicemente quando vi è una contrattura dei muscoli cervicali, nucali o cranici con sintomi di vario tipo quali mal di testa, pesantezza oculare, leggera dispercezione visiva, ovattamento.

È stato rilevato come in prossimità delle articolazioni cervicali sede di patologia degenerativa artrosica si riscontri un concentramento significativamente più elevato di corpuscoli di Ruffini rispetto alla normalità.

La modificazione od anche la sola distorsione dei segnali propriocettivi prodotti dai corpuscoli di Ruffini a livello del tratto cervicale possono quindi essere ritenute responsabili della cosiddetta “vertigine cervicogenica”. 

E’ bene ricordare che una vertigine cervicogenica si può presentare anche contemporaneamente ad una vertigine parossistica posizionale, con somma dei sintomi. La parte cervicogenica dei sintomi, tra cui anche dolore cervicale stesso, saranno secondari ai sintomi parossistici, in quanto sono solo che la conseguenza di un tentativo di adattamento compensativo da parte del tratto del rachide cervicale.

La stessa artrosi però può generare a sua volta sintomi riconducibili ad un problema propriocettivo ma anche ad un problema vascolare. Per questo distinguiamo la vertigine cervicogenica in:

Cervicogenica propriocettiva: il 50% dei propriocettori cervicali sono tra c1 e c3. inoltre  vi sono anche molti meccanocettori nei muscoli profondi del collo. La tensione muscolare, l’ artrosi degenerativa, così come il mantenimento di posture errate protratte nel tempo, o un evento traumatico come un colpo di frusta, perturbano questi meccanocettori.

Cervicogenica vascolare: si ricordi che il labirinto è irrorato dalla sola arteria labirintica e quindi se c’è una stenosi o una compressione dell’ arteria labirintica stessa o dalla sua arteria madre (arteria vertebrale) è facile che avvengano fenomeni ischemici. L’ orecchio interno è purtroppo molto sensibile, bastano infatti purtroppo anche solo 15/20 secondi di mancanza di flusso sanguigno per avere un danno, anche permanente. Non a caso il farmaco elettivo prescritto maggiormente oggi in Italia è il Vertiserc, rimedio contenente come principio attivo la BETAISTINA, capace di migliorare il microcircolo ematico dell’ orecchio interno.

 

Esami Strumentali Diagnostici importanti per il trattamento osteopatico

Purtroppo in Italia in presenza di sindrome vertiginosa l’ esame che ancora oggi viene erroneamente più prescritto è la risonanza magnetica del tratto cervicale. Perchè erroneamente? Perchè la risonanza magnetica è l’ esame elettivo per osservare quelli che sono i tessuti molli, per valutare la presenza di ernie e protrusioni, mentre i tessuti da prendere in considerazione dovrebbero essere le articolazioni tra vertebre e la parte vascolare.

Ne consegue che gli esami elettivi dovrebbero essere:

Esame eco doppler delle principali arterie e vene del pacchetto vascolare cervicale. Da eseguire con paziente seduto e facendogli eseguire una rotazione del capo in entrambe le direzioni, così da individuare più facilmente una compressione in caso di rotazione e la presenza di placche arterosclerotiche. L’eco doppler è utile per verificare lo stato del flusso venoso e arterioso. In esame devono essere assolutamente controllate le arterie vertebrali, che vanno a irrorare i labirinti, il tronco encefalico e il cervelletto. Chiaramente durante un esame del flusso ematico è bene , a fini di prevenzione, esaminare anche carotidi, giugulari, arterie sovraortiche e succlavie. Le arterie vertebrali risentono dei movimenti di rotazione del capo mentre tutte le altre no. Nelle arterie vertebrali avviene la stenosi controlaterale alla rotazione del capo. La stenosi di tutti gli altri vasi invece avviene solo per la formazione di placche.

RX eseguita in senso Antero Posteriore  e Latero Laterale, aggiungendo anche la proiezione a bocca aperta per osservare i corpi vertebrali di C1 e C2. Le radiografie oblique per verificare lo stato dei forami vertebrali (che servirebbero per capire lo stato artrosico attorno alle arterie vertebrali) sono ormai sostituibili con le ecodoppler o le RM angiografiche.

Modalità di trattamento osteopatico

L’Osteopatia interviene su queste disfunzioni in maniera dolce, con manovre morbide e indolori: in questi casi è assolutamente necessario evitare qualsiasi forma di manipolazione violenta.

Ogni trattamento è volto a ripristinare una corretta mobilità delle articolazioni, un corretto tono muscolare al fine anche di facilitare il passaggio del flusso sanguigno all’ interno delle arterie.